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Quadro RW e presunzione di evasione fiscale ex art. 12 D. L. n. 78/2009
L’Amministrazione finanziaria ha emesso in questi anni numerosi accertamenti sostenuti dal rilievo (circ. 13.3.2015 n.10 e 19.2.2015 n.6) che alle attività finanziarie detenute all’estero si deve applicare la presunzione di cui all’art. 12 secondo comma del d.l. 78/2009. Tale norma,ai fini del contrasto ai cd. paradisi fiscali,prevede che “in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al decreto del Ministero delle Finanze 4 maggio 1999 pubblicata sulla G.U. del 10 maggio 1999, n.107 al d.m. del Ministero dell’economia e delle finanze del 21 novembre 2001, pubblicato sulla G.U. del 23 novembre 2001 n. 273, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui commi,2 e 3 dell’art. 4 D.L. n. 167/1990 conv. L. n. 227/1990, ai soli fini fiscali, si presumono costituite all’estero, salva prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso,le sanzioni dall’art. 1 del d.lgs. n. 41/1997 previste dall’art. 1 sono raddoppiate”. Ciò detto, la Corte di Cassazione ha sancito definitivamente che la presunzione di evasione sancita da tale norma,in vigore dal 1 luglio 2009,non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate tra quelle sostanziali nel codice civile. Inoltre una differente interpretazione finirebbe per pregiudicare – in contrasto con l’art. 3 e 24 Cost.- l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione sotto il profilo probatorio rilevante (Cass. 2 febbraio 2018 n. 2662).
Se a seguito della sentenza della Corte non possono più sorgere dubbi sulla irretroattività della presunzione di imponibilità dei capitali esteri (e di conseguenza sull’impossibilità di applicare il raddoppio dei termini di accertamento ad annualità antecedenti alla sua entrata in vigore), altrettanto non può dirsi per il raddoppio dei termini per le sanzioni (per sanzioni si intende quelle previste dall’art . 5 del D.L. n. 167/1990, unitamente a quelle da dichiarazione infedele e da dichiarazione omessa). L’obbligo del monitoraggio fiscale era infatti vigente anche prima del D.L. 78/2009 e quindi potrebbe ritenersi che anche le annualità precedenti all’entrata in vigore del suddetto decreto subiscano il raddoppio, in ragione della natura procedimentale della norma. Tuttavia una simile tesi non convince. In primo luogo perché una norma che, in qualsiasi maniera, incida su aspetti sanzionatori mai può essere definita procedurale.Oltre a ciò, il legislatore non ha sentito la necessità di inserire una norma di tenore analogo rispetto all’art. 37 comma 26 del D.L. n. 223/2006 sul raddoppio dei termini per violazioni penali secondo cui “la proroga si applica alle annualità ancora aperte alla data di entrata in vigore della legge.”