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Disconoscimento della qualifica di ente non commerciale e relativi effetti
L’Amministrazione Finanziaria può disconoscere la qualifica di ente non commerciale nei confronti di una associazione sportiva dilettantistica e può di conseguenza disapplicare il regime di favore riservato a tali e ciò in ragione dello svolgimento di prevalente attività commerciale nell’arco di un significativo lasso di tempo.
L’agevolazione di cui all’art 148 TUIR spetta se l’associazione dimostra di aver svolto attività non commerciale in attuazione degli scopi istituzionali.
Assume quindi rilievo sia l’elemento formale della vesta giuridica scelta sia il corretto svolgimento dell’attività senza fini di lucro “il cui onere probatorio non può ritenersi soddisfatto dal dato del tutto estraneo dell’affiliazione a federazioni sportive od al CONI (cfr Cass.Civ. sez V n. 1706/2021).
Gli enti di tipo associativo possono godere del trattamento agevolato previsto dall’art. 148 TUIR a condizione non solo nell’inserimento nei loro atti costitutivi e negli statuti di tutte le clausole dettagliatamente indicate dalla suddetta norma ma anche dell’accertamento che la loro attività si svolga in concreto nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nella normativa vigente
In conseguenza della perdita della qualifica di ente non commerciale ogni entrata viene considerata reddito di impresa e quindi tutte le entrate devono essere assoggettate a tassazione ex art. 55 e 81 DPR 917/1986, comprese quelle derivanti da attività non commerciale come le quote associative non potendosi secondo la giurisprudenza ormai consolidata distinguere tra proventi da attività istituzionale e proventi derivanti da attività commerciali.
Intimazione di pagamento ex art. 50 d.p.r 602/1973 : atto autonomamente impugnabile per vizi propri e vizi dell’atto presupposto
L’intimazione di pagamento che faccia seguito ad un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base all’art. 19 d.lgs. 546/92, essa resta sindacabile solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto impositivo da cui è sorto il debito tributario.
Ne consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, salvo che il contribuente dimostri di essere venuto per la prima volta a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione dell’intimazione suddetta. (Cass. Civ. sez V 3005/20).
Interessante è il caso frequente nella prassi in cui il contribuente proceda ad impugnare una intimazione di pagamento emessa dall’ente riscossore eccependo la mancata notifica dell’atto presupposto.
In questo caso, il contribuente può agire indifferentemente sia nei confronti dell’ente impositore che dell’agente della riscossione, senza che nel caso in questione sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo ed essendo rimessa all’agente della riscossione la facoltà di chiamare in giudizio l’ente impositore (Cass.civ. sez. V 5061/22).