La possibilità di una riproposizione di misure di sanatoria simili a quelle varate tra il 2015 e il 2017 (cosidette voluntary disclosure) non appare esclusa dal nostro legislatore, anche se tale possibilità sembra al momento accantonata.
Per questo motivo è interessante la sentenza n. 5174 del 2023 della Suprema Corte sez. V che affronta il tema dell’impugnabilità della comunicazione di diniego di accesso alla procedura di collaborazione volontaria di cui all’art. 1 primo e secondo comma L. 186/2014. La sentenza accoglie il ricorso del contribuente che si era visto respingere, per l’appunto, l’istanza di accesso alla procedura in questione.
Prima di affrontare i motivi per i quali il ricorso è stato accolto si impongono alcune brevi considerazioni sulla natura dell’istituto.
La collaborazione Volontaria , introdotta con la legge n. 186/2014, è una procedura con cui il contribuente autodenunciandosi dichiara al fisco “attività finanziarie e patrimoniale costituite o detenute fuori dal territorio dello Stato” non indicate nella dichiarazione – art 5 quater /1 lett. a) – cd nero transfrontaliero ovvero redditi occultati in Italia (art, 1/1-3-4 legge cit – cd nero domestico).
Gli effetti della corretta presentazione dell’autodenuncia sono molteplici ma i più importanti possono essere così riassunti: a) regolarizzazione della propria situazione patrimoniale e reddituale b) corresponsione integrale delle imposte e degli interessi relativi ai redditi non dichiarati ; c) riduzione delle sanzioni amministrative applicabili; d) non punibilità dei reati : d1) di omessa o infedele dichiarazione, di dichiarazione fraudolenta con fatture false o altri artifici, di omesso versamento di ritenute certificate, di omesso versamento Iva ; d2) di cui agli artt. 648 bis , 648 ter, 648 ter 1 c.p.
La procedura di Collaborazione volontaria ha quindi come effetto principale quello di fare emergere il reddito occultato su cui il contribuente deve pagare le imposte e gli interessi che avrebbe dovuto pagare oltre le sanzioni in misura ridotta. Va tuttavia ricordato che la collaborazione non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l’autore della violazione degli obblighi di dichiarazione abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni ,verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali per violazione di norme tributarie.
Venendo ai motivi che hanno determinato l’accoglimento del ricorso del contribuente, la Corte ha concluso che l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’art. 19 del D.lvo n. 546/1992 ha si natura tassativa, ma ciò non preclude la facoltà di impugnare anche altri atti, ove con gli stessi l’amministrazione finanziaria porti a conoscenza una ben individuata pretesa tributaria (ad esempio è stata riconosciuta la legittimità ad impugnare il diniego del Direttore Regionale delle Entrate di disapplicazione delle norme antielusive oppure ancora è stata ritenuta immediatamente impugnabile anche la comunicazione d’irregolarità ex art. 36 bis comma 3 DPR 600/1973 cd avviso bonario), Nel caso di specie il rigetto della domanda di Collaborazione volontaria viene dalla Corte equiparata al rigetto di domanda di definizione agevolata dei rapporti tributari e per questo motivo viene considerato come atto impugnabile.
Impugnabilità del rigetto della domanda della cd Voluntary disclosure
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