Category Archives: Imposte sui redditi

Quadro RW e raddoppio dei termini ex D.L. 78/2009

In materia di accertamenti relativi a somme detenute all’estero nei c.d. paradisi fiscali, la prassi degli Uffici è quella di invocare il raddoppio dei termini.

Si segnala sin da subito che tale prassi è del tutto illegittima ed ingiustificata in relazione alle annualità precedenti al 2009, perché l’applicazione retroattiva dell’art. 12 del D.L. 78/2009 viola il divieto di irretroattività stabilito in materia di norme tributarie.

Giova ai nostri fini evidenziare sin da subito che i commi 2 bis e 2 ter D. L. n. 78/2009 (relativi al raddoppio dei termini invocato dall’Ufficio) sono stati introdotti con il D.L. n. 194 del 30/12/2009 (entrato in vigore nella medesima data).

Come è noto, il co. 2 bis del DL 78/2009 riguarda il raddoppio dei termini per l’applicazione della presunzione di cui all’art. 12 del suddetto decreto, mentre il co. 2 ter del D.L. 78/2009 concerne l’irrogazione delle sanzioni relative alle violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale di cui all’art 4 del D.L. 167/1990 per le attività detenute nei c.d. paradisi fiscali.

Numerose sono le sentenze di merito favorevoli alla tesi della irretroattività: ex multis CTP Milano 20/05/2014 n. 4753/12/14 , CTR Lombardia 11/07/2014 n. 3878/20/14, CTR Lombardia 26/24/2013 – CTP sez IV Lucca sentenza 18/07/2012 n. 103 – CTR Lazio sez. XIX 4 giugno 2014 n. 3656 – CTR Lombardia 382/29/14.

Le pronunce richiamate pervengono alla conclusione che l’applicabilità retroattiva della norma di cui all’art. 12 D.L. 78/2009 è vietata dall’art. 11 co. 1 delle disposizioni sulla legge in generale (preleggi) e dall’art. 3 co. 1 della L. 27/07/2000 n. 212 (Statuto del contribuente).

Coglie nel segno la motivazione della sentenza della CTR Lombardia n. 3878/20/14 quando afferma che “è ben vero che le norme sopra richiamate (cfr art 11 co. 1 disp.preleggi – art 3 co. 1 L.212/2000) hanno forza di legge ordinaria e quindi sono suscettibili di venire “contraddette” da successive norme di pari grado nella gerarchia delle fonti dell’ordinamento giuridico (quale è per l’appunto nel caso di specie il D.L. 78/2009) ; senonchè il principio di irretroattività della legge in generale e della legge tributaria in particolare per essere superato richiede secondo le regole in materia di successione nel tempo, una espressa previsione da parte della lex posterior e tale espressa previsione nell’art 12 del D.L. 78/2009 non c’è; ne discende che l’applicabilità retroattiva di quest’ultima norma deve essere esclusa”.

A sostegno della posizione assunta dalla sentenza richiamata si evidenzia che non è presente nel D.L. 78/2009 una disposizione analoga a quella dell’art 37 co. 26 del D.P.R. 223/2006 che, in tema di raddoppio dei termini da reato, ha previsto espressamente che la proroga si applica alle annualità ancora “aperte” alla data di entrata in vigore della legge; nel caso di specie si ribadisce il D.L. 78/2009 nulla dice in merito alla decorrenza della norma.

Posted in Accertamento tributario, Imposte sui redditi | Tagged , , | Leave a comment

IMPOSTA DI REGISTRO, PLUSVALENZA E TUTELA DEL VENDITORE

Come è noto ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro occorre fare riferimento al valore di mercato del bene mentre ai fini della plusvalenza assume rilievo il corrispettivo incassato.

Infatti ai sensi dell’art 51 e 52 DPR n.131/86 la base imponibile è il valore venale in commercio mentre ex art 67 e 68 DPR n.917/86 la base imponibile è la plusvalenza scaturita tra il prezzo di acquisto ed il prezzo percepito nella vendita.

Il concetto di valore è quindi del tutto estraneo alla nozione di plusvalenza; corrispettivo incassato e valore possono certo coincidere essendo del tutto ovvio che nessuno di regola aliena un bene per un corrispettivo inferiore al valore di mercato (da qui la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato).

Spesso gli Uffici individuano il valore di mercato (ricordo che è onere dell’Agenzia dimostrare il valore di mercato) con il valore accertato ai fini dell’imposta di registro definito in sede di adesione da parte dell’acquirente e ciò può comportare un grave pregiudizio per il venditore.

L’importo definito in seguito all’adesione della parte acquirente costituisce infatti, secondo la prospettazione dell’Ufficio, una presunzione grave, precisa e concordante di un maggior corrispettivo percepito dalla parte venditrice rispetto a quello dichiarato nell’atto di compravendita e nella prassi ,estinta l’obbligazione ai fini dell’imposta di registro, l’Ufficio procede nei confronti del venditore con avviso di accertamento a riprendere a tassazione ai fini Irpef la plusvalenza derivante dalla compravendita, comminando altresì la sanzione amministrativa per infedele dichiarazione.

Come può difendersi il venditore? Occorre premettere che nel campo dell’imposta di registro relativa agli atti di compravendita di immobili, l’imposta di registro è a carico della parte acquirente e per questo motivo parte venditrice è sostanzialmente portata a disinteressarsi degli eventi post vendita e che di solito non presta alcuna attenzione all’avviso di accertamento emesso ai fini dell’imposta di registro, essendo sua unica preoccupazione quella di essere tutelata in ordine alla solvibilità dell’acquirente a fronte della suddetta tipologia di accertamento.

Come abbiamo visto sopra, per l’Ufficio la definizione dell’acquirente costituisce un elemento da cui partire per effettuare un accertamento nei confronti del venditore; per questo motivo è opportuno che il venditore partecipi alla procedura dell’accertamento con adesione manifestando già in quella sede la propria contrarietà alla definizione ed in particolare fornendo tutti gli elementi di prova contraria.

E bene evidenziare che sono numerose le pronuncie delle Commissioni di merito,che pur ammettendo che dal valore possa risalirsi al prezzo, osservano come tale presunzione non può effettuarsi in modo automatico, specie nel caso di adesione dell’acquirente all’accertamento. In altre parole il valore accertato in adesione dalla parte acquirente non ha di per sé alcuna valenza di un incasso “in nero” di corrispettivo. Al riguardo la Suprema Corte di cassazione con sentenza n.23001/2012 ha affermato”che il corrispettivo sulla cui base calcolare l’imponibile ai fini dell’imposta dei redditi sulle plusvalenze non si identifica con l’imponibile ai fini dell’imposta di registro, fermo restando che quest’ultimo può costituire un elemento presuntivo dal quale l’A.F. può legittimamente risalire all’accertamento del primo, salva la prova contraria offerta al riguardo dal contribuente”. Resta il fatto che il comportamento dell’acquirente – che per motivi del tutto personali decide di non impugnare l’avviso ai fini dell’imposta di registro ovvero definisce lo stesso con adesione – ha degli effetti pregiudizievoli sulla posizione giuridica del venditore e proprio per questo motivo appare utile che quest’ultimo “anticipi” le proprie difese già in nel contenzioso in materia di imposta di registro.

Posted in Accertamento tributario, Imposta di registro, Imposte sui redditi | Leave a comment

IMPOSTA SUI REDDITI FONDIARI E CONTRATTI DI LOCAZIONE AD USO COMMERCIALE RISOLTI A SEGUITO DI SFRATTO PER MOROSITA’- SENTENZA DELLA CTP MILANO 2863/1/2015

La sentenza della Commissione Provinciale di Milano affronta il tema dei redditi di locazione non percepiti in relazione ai contratti di locazione per uso commerciale.
Come è noto l’orientamento della A.F. è quello, in base all’art 26 T.U.I.R, di consentire al contribuente di non dichiarare i redditi di locazione effettivamente non percepiti solo in relazione ai contratti locazione ad uso abitativo, escludendo pertanto i contratti di locazione ad uso commerciale. L’interpretazione della Agenzia delle Entrate trova fondamento nel citato art 26 ma in realtà tale interpretazione travisa completamente la portata della norma.
Nel caso di specie il contratto era stato dichiarato risolto con una pronuncia di convalida dello sfratto e per questo motivo – ha sostenuto il contribuente – era venuto meno l’obbligo di dichiarare i canoni di locazione non percepiti anche se il fabbricato era ad uso commerciale.
Assume rilievo ai nostri fini il terzo periodo della norma di cui all’art 26 T.U.I.R. laddove il legislatore torna a parlare dei contratti di locazione in generale, senza distinguere tra quelli ad uso abitativo e quelli ad uso commerciale. La disposizione stabilisce che il provvedimento di convalida dello sfratto per morosità dà titolo al contribuente per ottenere un credito corrispondente all’imposta versata sui canoni non effettivamente percepiti e, nel caso di specie, la Commissione evidenzia come non avrebbe avuto senso dichiarare e pagare una imposta già estinta per compensazione del credito sorto in capo al contribuente per effetto della convalida di sfratto per morosità.
In definitiva, lo sfratto per morosità fa venir meno l’obbligo di dichiarare i canoni di locazione non percepiti anche se il fabbricato è a uso commerciale; ciò trova conferma nella giurisprudenza recente delle Commissioni tributarie (CTP Reggio Emilia 422/02/2014, CTP Lombardia sez. Bergamo 516/02/2014- CTP Pavia 128/01/2013).

Posted in Accertamento tributario, Imposte sui redditi, Ricorso | Tagged , , , , , , , , , | Leave a comment