Le c.d. “cartiera” è una sorta di organizzazione dedita alla fabbricazione di fatture false.
Come l’A.F. calcola il provento illecito che la società-cartiera ha presuntivamente conseguito dall’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti? Al riguardo va segnalato che ai fini della tassazione dei proventi illeciti, l’art. 14 comma 4 L. 573/1993 stabilisce che tra le diverse categorie di reddito debbono ritenersi compresi i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a confisca penale.
I redditi di natura illecita devono quindi rispondere ad un duplice requisito: 1) la mancata confisca; 2) l’inclusione in una tra le diverse categorie di reddito comprese nell’art. 6 del D.P.R. n. 917/86.
Per quanto concerne il secondo requisito la vendita sistematica di documenti fiscali ad operatori economici contro corrispettivo costituisce senza dubbio un’attività commerciale e l’eventuale illiceità dell’attività in questione non esclude la tassabilità del reddito da essa derivante perché il reddito è un dato economico e non giuridico.
Nel caso della cartiera il cliente non paga effettivamente il costo che deduce ( nella pratica fa il pagamento per avere una prova documentale ma i soldi gli tornano indietro sottobanco) e la cartiera non riceve quindi le somme che gli sono state pagate con bonifico ma si fa pagare una somma per il servizio svolto.
Negli avvisi di accertamento per il calcolo del provento illecito gli Uffici ritengono che il provento derivante dall’emissione di fatture false sia in via presuntiva correlato con il beneficio procurato all’utilizzatore delle fatture, beneficio consistente nell’evasione dell’IVA che la contabilizzazione delle fattura false gli consente e ritengono quindi legittimo ripartire a metà il vantaggio economico derivante dal mancato pagamento delle imposte tra il soggetto che ha emesso le fatture ed il soggetto che le ha ricevute.