L’intimazione di pagamento che faccia seguito ad un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base all’art. 19 d.lgs. 546/92, essa resta sindacabile solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto impositivo da cui è sorto il debito tributario.
Ne consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, salvo che il contribuente dimostri di essere venuto per la prima volta a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione dell’intimazione suddetta. (Cass. Civ. sez V 3005/20).
Interessante è il caso frequente nella prassi in cui il contribuente proceda ad impugnare una intimazione di pagamento emessa dall’ente riscossore eccependo la mancata notifica dell’atto presupposto.
In questo caso, il contribuente può agire indifferentemente sia nei confronti dell’ente impositore che dell’agente della riscossione, senza che nel caso in questione sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo ed essendo rimessa all’agente della riscossione la facoltà di chiamare in giudizio l’ente impositore (Cass.civ. sez. V 5061/22).
Intimazione di pagamento ex art. 50 d.p.r 602/1973 : atto autonomamente impugnabile per vizi propri e vizi dell’atto presupposto
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