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Rapporti tra accertamento tributario e giudicato penale
Sono ben distinte le regole tipiche del sistema tributario da quello penale, stante il rapporto di autonomia tra giudizio penale e quello tributario; nessuna “automatica” autorità di cosa giudicata può attribuirsi nel giudizio tributario alla sentenza penale emessa in materia di reati tributari, ancorchè i fatti accertati siano gli stessi per i quali l’amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente.
Ai nostri fini rileva il combinato disposto dell’art. 654 c.p.p. e dell’art. 20 D.lgs 74/2000 e ciò con riferimento alle differenze dei regimi istruttori in ambito penale e tributario. Il processo tributario è fondamentalmente e quasi esclusivamente un processo documentale in quanto l’art. 7 del D.lgs 546/1992 vieta il giuramento e la prova testimoniale, La semplice lettura delle norme citate ci consentono di pervenire alla conclusione incontestabile che il giudicato penale non può mai fare stato nel giudizio tributario.
Resta comunque il fatto che una sentenza ex art. 444 c.p.p. ( cd patteggiamento) nella prassi quotidiana delle Commissioni tributarie viene presa in considerazione come presunzione semplice in senso sfavorevole al contribuente.
Per converso è da escludere l’incidenza del giudicato tributario nel parallelo processo penale sia perchè diversi sono gli strumenti probatori e di difesa sia perché il principio del “libero convincimento” del giudice penale non si concilia con la presenza di giudicati vincolanti. Il recepimento, da parte del giudice penale, dell’accertamento sul fatto emergente da una sentenza irrevocabile pronunciata in esito al processo tributario (caratterizzato da limitazioni alla prova) deve ritenersi consentito ai sensi dell’art. 238 c.p.p.,ma deve accompagnarsi (stante il richiamo agli artt. 187 e 192 c.p.p. contenuto in quella norma) ad una verifica delle compatibilità degli elementi su cui si fonda con le risultanze del processo penale.